IL VAMPIRO. L’arte lo sublima perché illude/allude all’eternità, attraverso la passione.
 
di Carla Isabella Elena Cace
 
L’irresistibile fascinazione del male. Il lato oscuro. Lo Yang che consente di apprezzare la luce dello Yin. La compensazione necessaria. Queste e mille altre ancora sono le “spinte” che, da sempre, portano l’umanità a volgere lo sguardo verso l’abisso e ad esaltarlo, nell’arte. Un topos classico e intramontabile di questa pulsione primigenia è il vampiro, figura oscura per eccellenza ma che, in realtà, è tra le più romantiche della letteratura e dell’arte. Esseri “succhiasangue” sono intercettabili in tutte le culture, ma uno su tutti è impresso nel contemporaneo immaginario collettivo, il conte Dracula. Nello splendido film di Francis Ford Coppola del 1992, ispirato al celebre romanzo dell’irlandese Bram Stoker del 1897, il nobile transilvano più famoso del mondo si pronuncia così: “Voi credete nel destino? Che persino i poteri del tempo possono essere alterati per un unico scopo? L’uomo più fortunato che calpesta questa terra è colui che trova il vero amore”. Possibile che frasi di tale passione siano pronunciate da un famelico vampiro. Ebbene sì. E già questo genera un apparente gap che spiega tanto.
Il vampiro in letteratura
Il libro che lo ha reso celebre è ispirato ad una figura realmente esistita, quella di Vlad III, principe di Valacchia. Scritto in forma di stralci di diari e lettere, “Dracula” è uno degli ultimi, se non l’ultimo, dei grandi romanzi gotici. Ma il tema del vampirismo in letteratura certo non parte da qui. Viene affrontato già da Goethe, nel 1797, ne “La sposa di Corinto”. Nel 1819, sul periodico inglese New Monthly Magazine è pubblicato un racconto intitolato “The Vampire”, a firma di George Gordon Byron. In realtà, il vero autore pare sia John William Polidori, medico personale e intimo amico di Lord Byron: l’idea del racconto aveva preso forma già nel 1816. Nell’estate di quell’anno, infatti, Lord Byron ospitava a Villa Diodati (sul Lago di Ginevra) niente meno che Percy Bysshe Shelley, la sua futura moglie Mary Wollstonecraft Godwin e lo stesso Polidori. La compagnia, costretta in casa dalla pioggia, si dilettava a leggere storie tedesche di fantasmi e insieme decisero di scrivere ciascuno un racconto dell’orrore. Il maltempo non si protrasse a lungo e gli unici a tener veramente fede al loro impegno furono Mary e Polidori: la prima col suo “Frankenstein”; il secondo dando vita al Vampire Lord Ruthven. Fu così che la figura di Ruthven ispirò largamente Stoker, soprattutto per quanto riguarda l’aspetto fisico. Tra le altre fonti letterarie è da annoverare, innanzitutto, “La Pietra di Luna” di Wilkie Collins, raccontato, come “Dracula”, da un alternarsi di narratori che vanno, vengono e ritornano a più riprese.  Ancora “Carmilla”, un racconto del 1872 di Sheridan Le Fanu. La protagonista omonima è un sinistro quanto incantevole vampiro femmina.
Il vampiro nel cinema
Nel 1922 Dracula fa la sua prima apparizione al cinema, sotto mentite spoglie, quelle del cadaverico Conte Orlok in “Nosferatu”. Ma, nonostante il tentativo di cambiare nome e scenario della storia, gli eredi di Stoker denunciano F.W. Murnau per plagio e vincono la causa, obbligando il regista a distruggere tutte le copie del film (ma fortunatamente egli riuscì a salvarne una). Il primo Dracula cinematografico, quindi, ha il volto di Max Schreck ed è destinato a lasciare il segno nella storia del cinema, anche per l’alone di mistero che circonda la sua interpretazione. Circa dieci anni dopo, Bela Lugosi interpreta Dracula a teatro e, successivamente, anche al cinema in un altro caposaldo dell’horror, diretto nel 1931 da Tod Browning. Elegantissimo, con lo sguardo intenso e i capelli impomatati, il Dracula di Lugosi è sicuramente uno dei più iconici. Più assiduo Christopher Lee, che a partire dalla fine degli anni '50 vestirà i panni di Dracula il vampiro per un’altra fortunata saga, stavolta targata Hammer. E’ nei film della Hammer e della Universal che viene creata la figura del Dracula più popolare, quella in abito da sera, con tanto di mantello. Tra gli elementi che contribuiscono a delineare questa figura popolare, fa sorridere il fatto che per tenerlo a distanza si debba mostrargli un crocifisso: pensare che in origine Vlad III era considerato un difensore del cristianesimo...
Arte, parodie e saghe
Anche l’arte si appassiona alle malefiche figure. Film audaci come “Dracula cerca sangue di vergine e...morì di sete!” ideato da Andy Warhol e interpretato da Udo Kier, diventa simbolo dei film di genere. Pensiamo poi alle innumerevoli serie di film anni ’90 e 2000 tipo “Blade”, “Van Helsing”, “Underworld” ecc. ecc. Ma, oggi, il vampiro ha aspetti anche decisamente più “fashion” e buonisti, basti pensare alla fortunata saga di “Twilight”, dove questi esseri della notte si nutrono di sangue animale, tipo i vegani della categoria! E la carrellata sarebbe decisamente infinita!
Il fascino del male
Il vampiro attrae perché immortale, affascinante, bellissimo e carismatico. Stuzzica emozioni represse, desideri inconfessabili ed è rappresentazione, senza ombra di dubbio, del lato oscuro che alberga in ognuno di noi. E’ un contatto con la morte ma, nello stesso tempo, un superamento della stessa. Quindi, l’illusione/allusione all’eternità. Anelito che accompagna l’uomo sin dalla notte dei tempi.

STURM UND ART di Carla Isabella Elena Cace
 


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