“Il mio punto di vista privilegiato è la realtà. I primi riferimenti artistici sono i “grandi osservatori”: Caravaggio e Canaletto in testa”.
Inizia così la mia chiacchierata con Maurizio Gabbana, milanese di nascita e autodidatta, nello splendido Caffè delle Arti della GNAM – Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, in una mattina di insperato sole capitolino e sotto la supervisione di un noto professore dell’Accademia di Brera, Rolando Bellini (i milanesi portano bene, a quanto pare!). Quotidianità è una sua parola-feticcio in questo incontro. La usa quasi volesse farla diventare un mantra. La scandisce, se ne compiace. E non è un dettaglio: c’è tutto in quel concetto. E’ la chiave del suo mondo. Come si fa, Maurizio, a non banalizzare questa osservazione, fatalmente ripetitiva, della nostra quotidianità?
“Beh, dovremmo vivere da nomadi, cambiare luoghi. Abitare nella stessa città significa perdere tutto il godimento di quello che hai intorno. Dobbiamo imparare a Vedere”.
Nella tua visione fotografica, però, parti dalla realtà ma poi “trascendi”, realizzando dei caleidoscopi futuristi in cui le immagini si ripetono, si amplificano e giungono ad un Altrove che vorrei capire cos’è per te…
“La spinta è esattamente quella che hanno avuto i futuristi più di cento anni fa. Io scompongo e ricompongo la vita che mi si para di fronte”.
Wim Wenders ha detto: “Il mondo è a colori, ma la realtà è in bianco e nero”. Difficilmente sono così d’accordo con un’affermazione lapidaria. Credo anche te. Ci spieghi il tuo “perché”?
“Il nero e il bianco sono due colori. Il primo è la sommatoria chimica tutti i colori, contiene il mondo in sé; la stessa cosa vale per il suo opposto, come dimostrato anche da un esperimento di Newton”.
Io credo che il colore rappresenti, il B/N riveli…
“Sì, rivela e lascia spazio alla fantasia dell’osservatore”.
Maurizio, siamo alle solite! Tutti gli artisti che dichiarano di partire dalla realtà poi mi parlano di sogni e fantasia. Arriviamo al tuo rapporto con il Futurismo…
“Il Futurismo è sempre un’Avanguardia ed è più vivo che mai. Non si è fermato a Marinetti, Balla, Crali ecc. Si tratta della continua ricerca di un elemento sostanziale della spinta artistica: la SFIDA. La mia è la ricomposizione di ciò che vedo”.
Nell’era dei filtri Instagram e di cellulari super potenti che consentono a tutti di fare foto decenti, cosa rende FOTOGRAFI veri?
“Il Giornale mi dedicò una pagina intera per discutere di questo. Io sostengo che un fotografo professionista lo fa l’inquadratura. Il mirino di un fotografo è come l’occhio del pittore. Il mezzo è secondario. E’ quello che metti dentro che conta. Quello che racconti. Quello che scegli. Io non faccio post-produzione perché voglio dimostrare che la creatività è superiore a qualunque filtro”.
Quindi tu sei un fotografo #nofilters!
“Sì, lo sono e lo sottoscrivo”.
“Con la luce negli occhi” è il tuo ultimo catalogo, edito da Skira…
“E’ un libro fotografico che sto facendo viaggiare e che spero diventi un percorso, anche espositivo. A Mosca è in corso proprio ora la Biennale Russa di Fotografia, nella quale sono presenti 18 dei miei lavori”.
La figura umana sembra, nei tuoi scatti, assente-latente-accessoria…con presenze plurime di fantasmi fotografici.
“Hai detto bene, sembra! I protagonisti dei miei scatti sono gli edifici, fatti dall’uomo! Quindi l’Uomo c’è ed è nascosto – apparentemente – perché deve restare nomade, andare avanti e lasciare di lui solo tracce. E’ un’assenza fittizia”.
Mi devi spiegare ora perché usi il tubo delle Pringles!
“Ero a NY, sentivo la solitudine che si prova nelle metropoli. Volevo raccontare quegli attimi e, finito un tubo di patatine, decisi di utilizzarlo davanti all’obiettivo, come un prolungamento dello stesso o anche come un “buco della serratura”. Sono nate così queste foto curiose, dove voglio concentrare l’attenzione attraverso uno strumento banale che, però, diventa di ricerca”.
Beh, allora mi “pringolizzi” per Sturm und Art?
“Certo! La Bellezza è qui, dobbiamo imparare a incrociare lo sguardo con Essa”.
E finisce così l’intervista…e inizia la Bellezza della creazione. La mia! Grazie Maurizio!
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